di Viviamo Fiumicino
ALITALIA-ITA: un Paese sull’orlo del baratro
Questi ultimi giorni, sono segnati da un comprensibile interesse misto ad un sentimento di apprensione, che la vicenda Alitalia sta suscitando, sia a livello locale che nazionale, per le sorti della nostra compagnia di bandiera e in particolare, delle migliaia di posti di lavoro, fortemente in bilico. Si sono registrate iniziative da parte della politica locale, da parte delle sigle sindacali, che hanno organizzato manifestazioni e incontri, infine trattative tra le parti sociali, che oltre il Governo e i sindacati, hanno visto la partecipazione della newco ITA, che andrà a sostituire Alitalia. Così come Alitalia, che dopo alcune parentesi a guida privata, è tornata ad essere un'azienda pubblica, anche ITA, nascerà come azienda al 100% pubblica. Partendo da questo elemento, ci poniamo diverse domande, alle quali non sappiamo dare una risposta o comunque fornire una spiegazione logica. Se entrambe sono pubbliche, qual è il motivo per il quale la cessione del brand Alitalia, valutato con il prezzo base di partenza di 290 milioni di euro, dovrebbe essere a titolo oneroso per la subentrante ITA, trattandosi appunto di due aziende statali, sotto la guida del Ministero dell'economia e delle finanze e quindi trattasi di soldi pubblici ovvero dei contribuenti? Altro elemento di perplessità, ancora più grave, riguarda le migliaia di esuberi dichiarati già da tempo da ITA, quantificabili in circa 10500 unità, in virtù del nuovo piano aziendale, che prevede il dimezzamento dell'attuale flotta area che ora conta 107 velivoli, ma che diventeranno appena 52. Per queste migliaia di lavoratori, se il presente è incerto, il futuro lo è ancor di più, anzi è drammatico per loro e per le famiglie da cui dipendono e che grazie a questo lavoro, è possibile crescere i propri figli e provvedere alla loro istruzione, pagare i mutui o i fitti, acquistare beni e servizi, pagare le imposte e le tasse, in sintesi far parte di un circuito virtuoso per l'economia del Paese. Accettare questi esuberi, avallare il loro licenziamento con un colpo di scure, rappresenterebbe per lo Stato, non solo un paradosso, in quanto ribadiamo, trattasi di aziende pubbliche, ma sarebbe considerato un "eccidio di massa", lavorativamente parlando. Altresì lo Stato, se accadesse ciò, non sarebbe più un interlocutore credibile in sede di trattative tra le parti sociali, sulle grandi vertenze ancora in corso, pensiamo ad esempio a quella relativa alla Whirpool di Napoli o alla GKN di Firenze o a quelle future, in quanto perderebbe ogni possibile autorevolezza. Lo stesso dicasi a partire dal 31 Ottobre in poi, quando scadrà il blocco dei licenziamenti, a seguito del quale, come potrebbe intercedere per scongiurare possibili licenziamenti, da parte di aziende in difficoltà o che comunque, vogliano riconsiderare la loro presenza sui mercati? Coincidenza vuole, che la subentrante ITA, inizi la sua esperienza di vettore pubblico, il 15 Ottobre prossimo, la stessa data prevista dal Governo, per l'entrata in vigore del decreto Green pass bis. Così come questo decreto, andrà fortemente a limitare e a discriminare determinati lavoratori, impedendo l'esercizio di un diritto, quello al lavoro, sancito già dall'art.1 della nostra Costituzione e ribadito anche dall'art.4, l'evoluzione che avrà la questione legata agli esuberi di ITA, alla stregua potrebbe penalizzare e porre fine, all'attività lavorativa, di migliaia di persone. Purtroppo di scelte sbagliate in passato, ne sono state fatte, come ad esempio per l'aeroporto di Fiumicino, il principale hub di Alitalia, la decisione di fare transitare le compagnie low cost, ha determinato la fine definitiva della nostra compagnia di bandiera, ma che siano soltanto i lavoratori a pagare con la perdita del proprio posto di lavoro, è assolutamente ignobile e inammissibile per un Paese civile. Se negli anni si è registrata una mala gestione dell'azienda, con numeri sempre in negativo, le responsabilità sono molteplici e se si è deciso di dare vita ad un nuovo progetto, lo si persegua, senza per questo, sacrificare "vite umane". Il piano industriale di ITA, prevede già nel 2022, il raggiungimento di 78 velivoli, fino ad arrivare nel 2025 a ben 105, quasi quindi come la precedente Alitalia. Appare quindi incomprensibile un esubero di quella portata, per una compagnia, destinata comunque nel breve periodo, ad una nuova espansione. Nel frattempo, si potrebbero ad esempio garantire i livelli occupazionali, assegnando a ITA, anche le attività di manutenzione e il Ground Holding e tutto quello inerente ai servizi di handling, asset strategici su cui puntare e come peraltro richiesto dalle sigle sindacali, si potrebbero cedere temporaneamente gli slot persi da Alitalia, visto il dimezzamento della flotta, agli altri vettori internazionali, fino alla riespansione di ITA, garantendo così anche all'indotto Alitalia, continuità lavorativa. Inoltre se negli anni, si è riscontrato un insufficiente rendimento produttivo, da parte del personale Alitalia, essendo un'azienda pubblica, in virtù della "Riforma Brunetta" del 2009, nome che deriva dall'allora Ministro della pubblica amministrazione, che per giunta è il titolare attualmente dello stesso dicastero nel Governo Draghi, si potrebbero inserire le "performance" nella futura ITA, ovvero stabilire precisi obiettivi individuali e delle diverse aree, monitorarli e incentivarli con premi, per il loro ottenimento. Il cosiddetto metodo delle 3E (efficacia, efficienza, economicità,) che produrrebbe benefici sia all'azienda, sia ai lavoratori che agli utenti finali. Si potrebbe infine, come extrema ratio, valutare il ricollocamento di quei lavoratori in esubero, in considerazione del loro profilo professionale, in altri settori pubblici, quali ad esempio quello dei trasporti, purché venga garantita continuità lavorativa e non si verifichi una mattanza di questa portata, che produca un'emergenza sociale, che non è tollerabile in un periodo di crisi internazionale come questo. Non spetta a noi, certamente dare la soluzione ad un problema così grande, ma ci auguriamo che le considerazioni e gli spunti di riflessione, possano averli anche le parti sociali coinvolte, specialmente l'attuale Governo, al quale ricordiamo, è stato concesso il mandato, per far uscire l'Italia dalla crisi, perché in un momento storico così complicato, il nostro Paese ha la possibilità di scegliere se iniziare con un licenziamento collettivo, peraltro di un'azienda pubblica, nell'anno che tutti ci auguriamo, possa costituire l'inizio della ripartenza post covid, di certo non sarebbe incoraggiante per la nostra economia oppure, considerare questo, come "l'anno zero", da cui ripartire, tutelando e preservando questi posti di lavoro, per dare nuova speranza e linfa a tutta l'Italia, le cui sorti, possono passare anche per questo tipo di scelte e sicuramente, a prescindere da come evolverà questa crisi, l'Europa osserverà con molto interesse l'esito e le decisioni del Governo. Un'Europa che purtroppo bisogna dirlo, ha riservato trattamenti differenti nei confronti di Lufthansa e di Air France, rispetto a quelli concessi ad Alitalia, tanto che alla compagnia tedesca, per mediare gli effetti economici dovuti al covid, è stato concesso di ricevere dal Governo 9 miliardi di euro, il quale in cambio ha ottenuto il 20% delle quote azionarie, mentre Air France ha ottenuto dal suo Governo 7 miliardi di aiuti e altri 4 per la sua ricapitalizzazione. Alitalia purtroppo, che versava già in condizioni precarie prima dell'avvento della pandemia, ha potuto ottenere meno di 300 milioni di euro di aiuti nel 2020 e in questo anno appena 25 milioni circa. Disparità di trattamento evidenti, che ancor di più devono farci comprendere, che è lo Stato italiano, ad avere il compito di risolvere certe questioni che hanno per riflesso un enorme impatto sociale e non avrebbero senso, tutti i sacrifici, in termini economici e in termini umani, che ormai da due anni stanno segnando le nostre esistenze. In quanto azienda pubblica, l'obiettivo almeno nel breve periodo di ITA, non deve essere il lucro, ma la funzione sociale che è chiamata a svolgere, ci sarà tempo con politiche serie e con le persone giuste, dare a questa a azienda, anche un indirizzo economico virtuoso, che oltre a tutelare il lavoro, possa produrre benefici economici, a tutto vantaggio dell'azienda stessa, ma soprattutto per il Paese. Anche localmente, crediamo sia possibile fare qualcosa, ma occorre superare certe barriere e sovrastrutture ideologiche e di partito, occorre il contributo di tutti in un clima di collaborazione, coinvolgere anche le varie associazioni di categoria presenti sul territorio, come anche professionisti e imprenditori, per avere quegli spunti e suggerimenti pratici utili per uscire al più presto, da questa crisi. Non dobbiamo cadere nell'errore, che la questione Alitalia-ITA, sia solo circoscritta all'azienda stessa e che possa essere una sorta di liberazione collettiva di questo che qualcuno definisce "carrozzone", che da troppo tempo, si vuole tenere inutilmente in vita e i motivi sono tre. Il primo, come già ampiamente esposto, riguarderebbe il licenziamento di migliaia di lavoratori, che sarebbero gli unici a pagare le conseguenze di anni di mala gestione. Il secondo, riguarda il fatto, che vi sarebbe un effetto domino su tutta la filiera aeroportuale e dell'indotto, per cui pensando a Fiumicino, le conseguenze sarebbero tangibili per diversi settori economici, che purtroppo o per fortuna, dipendono molto dall'aeroporto. Terzo e ultimo motivo, riguarda la posizione di ITA, azienda totalmente pubblica, che con un atto unilaterale, disattende il CCNL e nella fattispecie, quello del trasporto aereo, creando un pericoloso precedente, per le future contrattazioni private, nelle quali le certezze contrattuali dei lavoratori, verranno sempre di più messe in discussione, visto che c'è uno Stato, che non tutela e garantisce, le condizioni essenziali. L'epilogo che avrà la vicenda Alitalia-Ita, non deciderà solo le sue sorti e dei suoi lavoratori, ma praticamente e a tutti gli effetti, quelle dell'intero Paese Italia.