di Viviamo Fiumicino
NATALE A FIUMICINO... CHE ANNO É
Anche quest'anno, per la gioia di molti, soprattutto dei più giovani, in particolare dei bambini, sta arrivando il Natale, che da sempre porta con sé un'atmosfera di festa, oltre che un rinnovato spirito di solidarietà verso i più bisognosi che vivono in condizioni precarie, un'apertura al dialogo e alla condivisione fra le persone, un'occasione di riconciliazione familiare, per quelle persone che per motivi lavorativi e geografici, vivono lontane durante l'anno, ma anche una generale positività, mista ad un sentimento di speranza per il futuro, che investe le persone di tutto il Mondo, comprese quelle che ricoprono importanti incarichi politici e in ambito socioeconomico.
Ovviamente per noi cristiani, il Natale oltre al fatto di racchiudere in sé tutte queste caratteristiche, è un momento dell'anno speciale, perché rappresenta la nascita di Gesù, elemento questo imprescindibile ed essenziale, senza il quale tutto il resto non avrebbe senso anzi nemmeno esisterebbe. L'aspetto religioso risulta quindi strettamente legato a questa importantissima ricorrenza, anche se con il passare del tempo, si è voluto dare maggiore risalto, a tutto ciò che fa da contorno all'evento in sé, dandone in un certo senso, una connotazione più laica di quanto invece non lo sia. Tutto questo, lo si deve ad un crescente sentimento inclusivo della società occidentale, in particolare europea, verso quelle persone di altro credo religioso e verso quelle popolazioni, che a seguito delle migrazioni, si sono insediate nel Vecchio Continente e parallelamente a ciò, il sempre più crescente spirito laicista delle istituzioni, per non favorire una religione piuttosto che un'altra. In virtù di ciò, abbiamo assistito in questi anni, ad un lento, ma progressivo cambiamento nelle nostre abitudini, quali l'abbandono nelle recite scolastiche dei riferimenti religiosi cristiani, nell'abbandono dell'esposizione del crocifisso, sulle pareti delle aule delle varie scuole, come di quelle di enti e uffici pubblici. Negli ultimi giorni però, abbiamo assistito ad un tentativo, che riteniamo profondamente offensivo verso tutta la comunità cristiana europea e a prescindere dal fatto che essa costituisca la maggioranza della popolazione, ovvero la proposta della Commissione Europea sul nuovo codice della comunicazione inclusiva, a livello istituzionale, che prevedeva, fra le altre cose, anche l'utilizzo di una più generica formula augurale, quale "Buone feste" anziché il più classico e di ben altro significato intrinseco augurio di "Buon Natale". Tale codice, prevedeva altresì delle modifiche all'utilizzo dei pronomi e degli appellativi, che risultassero cataloganti per genere, etnia, religione, orientamento sessuale, etc..., sostituendoli con formule più neutre e non specifiche. Stavolta fortunatamente, ha prevalso il buon senso, e l'UE ha ritenuto il suddetto codice non adeguato e comunque non ancora maturo per certi standard qualitativi a cui è abituata e poco funzionale allo scopo inclusivo, ma riteniamo che questo radicale cambiamento nel modo di comunicare e di approcciarsi nel quotidiano, sia purtroppo solo una mera questione di tempo. Fino a quando sarà infatti possibile arginare questa volontà stacanovista dell'inclusione a prescindere e ad ogni costo, del rendere tutto omogeneo senza "colore" e senza "sapore", dell'azzerare gli elementi distintivi e caratterizzanti per non incidere sull'altrui sensibilità, oltre al fatto di assistere in parallelo, all'utilizzo ossessivo di un linguaggio e in generale di un approccio alla comunicazione politically correct, che sta annichilendo e condizionando, ogni forma di dibattito costruttivo? L'omologazione e la standardizzazione di usi, costumi e forme comunicative in contesti seppur pubblici, in una società in cui il singolo individuo è sempre più immerso, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione di massa e alla crescente globalizzazione, in una dimensione sempre più comune e condivisa, piuttosto che propria, sta lentamente provocando un appiattimento medio delle persone, che in prospettiva, costituisce un elemento preoccupante per l'evoluzione stessa del genere umano. Queste regole, che sono una vera e propria censura nella sostanza, che ostacolano sia le opinioni e il modo di pensare di ciascuno, ma anche il contraddittorio e il dissenso, rispetto ad una data situazione e un dato contesto, sono estremamente deleteri per la crescita morale della nostra società e per la stessa idea di inclusione, che tanto si auspica. Il dialogo tra le persone, lo scambio di idee, di esperienze, seppur contrastanti, hanno contribuito alla crescita dei popoli e della società civile. Non ci sarebbero stati i movimenti culturali, senza i dibatti nei "Caffè" e nei salotti letterari dei secoli precedenti, non ci sarebbe stata la Rivoluzione francese senza la manifestazione di un disagio sociale, tale da sovvertire lo stesso ordine della società, fino ad allora diviso in classi, non ci sarebbero stati i moti risorgimentali , senza condivisione di ideali e senza il nascente desiderio di volere un' Italia unita, in definitiva, non ci sarebbe stato il livello di emancipazione, raggiunto oggi dalla società occidentale. Questa idea ossessiva dell'inclusione, imposta per giunta con appositi codici di comunicazione, è tanto innaturale quanto controproducente, perché alimenta ancora di più la riluttanza verso il "diverso", quando invece l'accettazione e la presa di coscienza delle diversità che ci circondano, è un processo lento, che richiede del tempo, senza forzature e senza dettami, bensì lasciando che cresca la naturale consapevolezza, che le differenze che esistono, non costituiscono una minaccia e che la loro presenza non debba penalizzare chi possa avere un'altra concezione di chi non condivide le altrui differenze, ma che allo stesso tempo però le accetta e le rispetta. Alla stregua, chi con orgoglio, esalta la propria appartenenza ad un Popolo e ad un Paese, non per questo è refrattario verso chi è di altra nazionalità, bensì mantiene vivo il ricordo, di chi lottando sotto un'unica bandiera, ha creduto e voluto per se stesso e per la propria gente, la libertà e l'indipendenza da altri. Tutti questi sentimenti, costituiscono la nostra memoria storica, le nostre radici, le nostre tradizioni, ma mortificarle in nome di un pensiero asettico e avulso da qualsiasi possibile confronto e dialogo costruttivo, imposto peraltro in maniera coatta, di certo una società civile come la nostra, non lo può accettare. Accusare chi ama il proprio Paese, la propria bandiera, la propria storia come Popolo, di essere eccessivamente nazionalista se non addirittura nostalgico di chissà quali fantasmi di un recente passato ormai morto e sepolto, vuol dire stare in mala fede e di dare un giudizio del tutto superficiale, figlio di un retropensiero stereotipato e oramai anacronistico e privo di altre argomentazioni. Se volessimo considerare la libertà di manifestare pubblicamente la nostra appartenenza religiosa, senza per questo arrecare offesa altrui, le nostre radici storiche, le nostre tradizioni, i nostri usi e costumi, come consuetudini, ovvero una serie di comportamenti costanti e uniformi nel tempo, come previsto dalla Costituzione, costituirebbero una fonte del diritto e come tale, tutelati dalla stessa Legge suprema, anche se bisognerebbe considerarli quindi un diritto di ciascuno, piuttosto che intenderli come un obbligo giuridico da rispettare e osservare. Non crediamo però che questo tipo di soluzione sia necessario o perlomeno non ancora, ma vogliamo credere che ci sia ancora il buon senso a prevalere e che al centro di qualsiasi dibattito e confronto, piuttosto che la censura, venga posto il rispetto nei confronti dell'altro, soprattutto verso chi la pensi diversamente da noi. Mai più attuale di questi tempi, è la celebre frase, attribuita erroneamente a Voltaire, ma in realtà della scrittrice britannica Evelyn Beatrice Hall, che recita: "Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo". Auspichiamo pertanto, che possa sussistere ancora la libertà di poter esprimere le proprie idee e i propri dissensi, ciascuno con le proprie diversità, perché è solo accettando e non negando, ma anzi riconoscendo le varie differenze, che diventano invece peculiarità, si possa crescere a livello individuale ed evolvere come società, come ad esempio per l'accezione del concetto uomo-donna e del loro rapporto, per alcuni diventato obsoleto, ma ad oggi, al netto dell'aspetto sentimentale, per dare alla luce nuove vite, occorre evidentemente il contributo di entrambi, data la loro complementarità, a prescindere dai progressi che la scienza abbia fatto in merito. Auspichiamo altresì, che alle nuove generazioni, non sia impedito di esprimersi , piuttosto incentivarle a farlo, attraverso l'insegnamento civico, già fortunatamente reintrodotto nelle scuole di ogni ordine e grado nel settembre 2020, ma anche incentivando un loro coinvolgimento nella società, attraverso l'associazionismo e il volontariato, così come nelle organizzazioni territoriali, quali la Protezione Civile, l'Avis, verosimilmente lontane da ogni riconducibilità e affinità di natura politica, da sempre impiegati nell'impegno costante verso il prossimo, attività che consentirebbe loro, un continuo confronto tra culture e mondi diversi e ad offrire il proprio aiuto, a prescindere da chi ne sia il beneficiario. Vogliamo ancora credere nella coesistenza di differenti culture, con la tolleranza di chi ospita, ma con altrettanta adattabilità e rispetto di chi invece viene da fuori e viene accolto, pur rivendicando noi le nostre origini e le nostre tradizioni, che appartengono al nostro Paese e che ci sono state tramandate da generazioni.
A tutti auguriamo Buon Natale.