Monday, 03 May 2021 15:59

Lavoro: salviamo Alitalia e troviamo altre opportunità

Written by ViviAmo Fiumicino
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Anche quest'anno, si è celebrata la festa del lavoro, che come accaduto per il 2020, non ha potuto svolgersi come di consueto, con piazze e altri luoghi di aggregazione gremiti, come Piazza San Giovanni in laterano, luogo simbolo per eccellenza, adottato ormai da anni ogni 1 Maggio, per ospitare il mega concerto e le celebrazioni per la festa dei lavoratori. Convenzionalmente questa festa che cade il 1 Maggio, è legata ad un evento storico particolare, ovvero per ricordare i fatti accaduti a Chicago nel 1886, in cui gli operai protestarono per giorni, per cercare di ottenere il dimezzamento delle ore lavorative, proteste e scontri con la polizia, che culminarono con il massacro di Piazza Haymarket, in cui morirono 11 persone.

Da allora, ogni 1 Maggio hanno luogo nella maggior parte dei Paesi, le celebrazioni della festa del lavoro e come accaduto in particolari momenti storici di difficoltà a livello mondiale, pensiamo ad esempio alla Grande Guerra, alla Seconda Guerra Mondiale, passando per la Grande depressione del'29 che tra le maggiori conseguenze che provocò, sicuramente ci fu la crescita della criminalità organizzata e l'instaurarsi del regime del Terzo Reich in Germania e delle politiche di espansione imperialista da parte del Giappone, le quali sappiamo tutti gli effetti che produssero, anche il periodo che stiamo vivendo a livello globale, caratterizzato da questa pandemia dovuta al covid-19, può risentire degli strascichi, che inevitabilmente ci saranno, anche quando si potrà lentamente tornare alla normalità. Solo in Italia ad esempio, si sono persi quasi 1 milione di posti di lavoro nell'ultimo anno, ma si prevede che se ne aggiungeranno altri in considerazione del fatto che la pandemia è ancora in atto e che la ripartenza sarà un processo lento, in cui specialmente alcuni settori economici, risentiranno di tutti questi periodi di chiusure imposte dalle regole di contenimento o di restrizioni di orari di aperture e di modalità lavorative.

In realtà le criticità del mondo del lavoro, specialmente dal punto di vista occupazionale, nel nostro Paese sono purtroppo annose e gli effetti economici negativi che la pandemia ha prodotto, hanno solo appesantito una situazione già complicata, con il rischio che le condizioni contrattuali e la loro rinegoziazione, potrà essere solo che peggiorativa sia in termini economici che di condizioni, ai danni dei lavoratori. Negli anni, si è tentato di apportare miglioramenti al mercato del lavoro, cercando anche di trovare soluzioni, che si potessero adeguare alle richieste di maggiori flessibilità e meno rigidità, in termini anche contrattuali, pensiamo ad esempio all'introduzione della legge 30/2003, meglio conosciuta come Legge Biagi e correlati ad essa, gli aggiornamenti previsti  dalla riforma Fornero e dal Jobs Act del Governo Renzi, i quali peraltro a seguito di sentenze rispettivamente della Corte Costituzionale che ne ha stabilito l'incostituzionalità per l'una e del Consiglio d'Europa, che ha individuato la violazione della normativa comunitaria per l'altro dovranno a loro volta, essere sottoposti a modifiche. Oltretutto il Jobs Act, che ricordiamo è una riforma voluta e applicata da un Governo di sinistra, ha apportato paradossalmente importanti modifiche all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, in merito alla facoltà di licenziamento dei lavoratori, da parte delle aziende. Nonostante comunque, che le ragioni che abbiano indotto a riformare la normativa vigente, che regolamentava il mercato del lavoro, fossero indirizzate a creare maggiore flessibilità, a stabilizzare certi rapporti di lavoro e a diminuire la disoccupazione, specialmente giovanile, in realtà, dopo i primi risultati incoraggianti registrati in tal senso nei primi anni, con il trascorrere del tempo, si è verificato il fenomeno inverso, per il quale le varie forme contrattuali come i contratti co.co.pro, i contratti a chiamata o intermittenti(job on call), i contratti di lavoro condiviso (job sharing), i contratti di somministrazione lavoro e i contratti a progetto, solo per fare i maggiori esempi dei nuovi contratti atipici creati, hanno contribuito a produrre solo più incertezze e disparità. 

Hanno cioè dimostrato di non essere adeguate per le piccole-medio imprese da un lato e nemmeno per i lavoratori, aumentando il precariato, rendendolo anzi "cronico"; aumentando le differenze anche dal punto di vista dell'entità salariale, con i contratti a tempo indeterminato, la quale oltretutto non è proporzionata al livello di istruzione delle ultime generazioni; ad accentuare le differenze tra il Nord e il Mezzogiorno; a non consentire ai giovani di accedere alle varie forme di credito; ad avere un accantonamento pensionistico inferiore ai colleghi con contratti di lavoro tipici, dovuto ai minori contributi versati dalle aziende; a causa della mancanza di una concreta stabilità lavorativa a non consentire di pensare ad una vita indipendente dalla famiglia di origine, programmando quindi un matrimonio o una convivenza. A tutto questo, se aggiungiamo i contratti parasubordinati, da cui sono scaturite la proliferazione di migliaia di nuove partite Iva e il lavoro svolto per le cooperative, ove molto spesso i lavoratori ne sono ufficialmente soci, ma ben altro nella pratica, in virtù delle effettive condizioni in essere, si delinea un quadro che ha più la parvenza di una vera e propria "giungla" piena di incertezze, precarietà, salari e stipendi non adeguati, termini contrattuali come ferie, permessi e altro non riconosciuti, in generale quindi si ha un mercato con poche tutele e con poche prospettive future, in particolar modo per i più giovani. Avendo avuto modo di visionare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), abbiamo potuto notare che tra gli obiettivi, figurano anche nella Missione 5 riservata all'inclusione e coesione, le politiche per il lavoro. 

Vogliamo sperare che vengano intraprese riforme strutturali in tal senso, che garantiscano lavoro piuttosto che forme varie  di assistenzialismo e che vengano previste forme stabili di collaborazione tra scuola e aziende, per creare un ponte utile al futuro inserimento dei ragazzi nel mercato del lavoro. Purtroppo abbiamo al contempo constatato, come fra le missioni, manchino investimenti mirati da destinare alla previdenza sociale, per risolvere il problema delle pensioni e della relativa età pensionabile e manchino altresì investimenti destinati alla natalità, forme concrete di sostegno alle famiglie o giovani coppie, che avrebbero il desiderio di avere dei figli, ma che le incertezze lavorative, economiche e sociali, non lo consentono. Eppure questi due aspetti, natalità e pensioni, sono in prospettiva, strettamente correlati, in quanto il pagamento delle pensioni, può essere supportato e garantito, solo se alla base, esiste una platea di individui in età lavorativa, che assicurino un gettito contributivo sufficiente all'erogazione delle pensioni per i relativi percettori. Come sappiamo, l'Italia dopo il Giappone, è il Paese che si sta invecchiando sempre di più, il cui tasso di natalità è costantemente in calo ormai da diversi anni. Invertire questa tendenza, avrebbe una funzione sociale, dando quindi nuova linfa per il mercato del lavoro per concedere la possibilità di beneficiare di un'età pensionabile accettabile a quanti potrebbero e vorrebbero smettere la propria attività lavorativa, garantendo così quel giusto ed equo cambio generazionale tra chi vuole iniziare e tra chi vuole finire la propria esperienza lavorativa. Oltretutto si garantirebbe la continuità esistenziale del nostro Popolo, che in virtù invece degli attuali presupposti, tra pochi decenni, rischierebbe addirittura di vedere la propria fine. Ottimizzare le risorse, evitare gli sprechi, dare vita finalmente a riforme strutturali, valorizzare il patrimonio culturale e dei tanti prodotti tipici del Paese, che sono autentiche ricchezze, sarebbe utile per scongiurare un ulteriore aumento dell'imposizione fiscale, sia diretta che indiretta, entrambe già fortemente elevate e che hanno raggiunto un livello, per molti non più sostenibile, ma anche e soprattutto per garantire un futuro migliore ai nostri giovani, sempre più disillusi, scoraggiati e deprivati di ogni positiva prospettiva e dei propri sogni. 

In realtà alcuni elementi vicino alla sinistra, ipotizzano la reintroduzione dell'Imu sulla prima casa, basandone la motivazione, sul fatto che negli altri Paesi Occidentali, quest'imposta già viene applicata e che quindi anche l'Italia, che è un Paese nel quale la casa risulta in prevalenza di proprietà, piuttosto che in locazione, dovrebbe adeguarsi al resto dei altri Paesi.  In realtà sradicare dalla nostra mentalità la concezione che si ha della propria abitazione, solo per adeguarsi a certi standard internazionali, è una volontà tanto di comodo, dato che si ha la sensazione che si guardi all'estero a giorni alterni in base alle convenienze, tanto ideologica, tipica cioè di una certa connotazione politica, ma sicuramente evitabile se si intraprendono certe misure economiche adeguate. L'attuale Governo essendo "misto", ovvero composto da politici e da tecnici, che vanta tra questi ultimi, autorevoli personalità dalle competenze riconosciute a livello internazionale,  ha il dovere istituzionale, ma prima di tutto morale, di fare tutto ciò che è in suo potere, per far rinascere il nostro Paese e renderlo pronto non appena ci sarà l'inevitabile quanto auspicabile ripartenza dopo la pandemia e lasciare un'Italia migliore e più consapevole dei propri mezzi, a chi verrà dopo di noi. Il Presidente della Repubblica Mattarella, in occasione delle celebrazioni del 1 Maggio, ha affermato giustamente, che il lavoro sarà centrale per garantire la ripartenza del nostro Paese.

Ci si consenta di aggiungere a queste parole, che prevedere sostegni alle famiglie per incentivare la natalità e riformare le pensioni, oltre per le ragioni sopra esposte, consentirebbero di apportare vantaggi anche al mondo del lavoro, dato che persone in là con gli anni, ormai stanche e logore dopo decenni di attività lavorativa, lascierebbero  il posto ai giovani sicuramente più freschi e motivati e che quindi si avrebbe il doppio risultato di avere una qualità del lavoro presumibilmente migliore e più produttivo e di dar luogo ad un circolo virtuoso, come maggiori consumi, maggiori investimenti, compresi quelli riguardanti il proprio futuro, con la creazione di nuove famiglie e quindi avere nuove nascite. Vogliamo confidare nella lungimiranza dell'attuale Governo o comunque di almeno una sua componente, affinché si possano creare le migliori condizioni possibili per un Paese sì moderno e al passo con le altre Nazioni, ma preservando al contempo le nostre tradizioni e il nostro concetto di società, fondato sulle istituzioni e in particolare sulla famiglia.

Per quanto riguarda Fiumicino, è un Comune che ha sempre offerto numerose opportunità lavorative, ma anch'esso come tutte le altre città, risente di questa congiuntura economica negativa, pensando specialmente allo stallo del nostro aeroporto intercontinentale, a cui si è sovrapposta anche la crisi di Alitalia. Nella speranza, che si possa trovare la migliore soluzione per la nostra compagnia di bandiera e quindi per tutti i suoi dipendenti e per quelli del suo indotto, occorre sin da ora prendere in considerazione altre opportunità, che il nostro territorio ha da offrire, come ad esempio l'arrivo di un nuovo deposito Amazon, proponendo ai suoi dirigenti, l'assunzione di una quota considerevole di residenti di Fiumicino, specialmente di chi ha perso il lavoro, anche prima della pandemia, come gli ex dipendenti Ceva, Opel e Auchan. Altresì occorre pensare alla nostra città, come una meta turistica, programmando sin da ora un sistema  di sinergica collaborazione tra enti pubblici e attività economiche private, per attirare una richiesta di turismo di prossimità, sempre più crescente. 

Fiumicino potendo vantare un territorio ricco di storia, di bellezze, di sconfinate aree rurali e marine, di biodiversità, di prodotti tipici che costituiscono delle eccellenze, il tutto però a pochissimi chilometri dalla capitale, traendo per questo un enorme vantaggio, andrebbe riconsiderato dandone nuove chiavi di lettura, per una vocazione sicuramente più turistica, rispetto a quella fin'ora avuta, a vantaggio di tutta la nostra comunità attuale, ma specialmente futura. È una sfida, che la politica locale deve affrontare e intraprendere, per la crescita del nostro territorio, per renderlo più competitivo e sempre più il luogo ideale in cui crescere, studiare, lavorare, divertirsi, godere di servizi pubblici e sanitari adeguati, di crearsi una famiglia, di vivere quindi con la sensazione, che alla propria città, non manchi proprio nulla.

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